martedì 18 agosto 2009

Fernanda Pivano


11 Settembre 2001
Con molto dolore per i morti e per la tragedia devo dichiararmi perdente e sconfitta perche' ho lavorato 70 anni scrivendo esclusivamente in onore e in amore della non violenza e vedo il pianeta cosparso di sangue.(da home page del suo sito)
...Posso confidarvi che l' ultima volta che ho incontrato Gore Vidal per la presentazione di un suo libro, nel gennaio 2007, io ero appena uscita da un ricovero in ospedale e lui camminava aiutandosi con un bastone. Ma a cena, quando gli ho chiesto cosa potremmo fare insieme, lui mi ha risposto: «Let' s make a baby - facciamo un bambino». Forse è questo il segreto per riuscire a sopravvivere anche a questa età. Forse è questo il segreto del vecchio Suonatore Jones dello Spoon River caro alla mia giovinezza «che giocò con la vita per tutti i novant'anni»
(da l'ultimo articolo "La mia giovane vecchiaia e il dono di Gore Vidal" per il Corriere della sera)


«Sono quelle persone straordinarie che ci regala il cielo ogni tanto e che se ne vanno. La Nanda è una parte dell’universo, non una piccola parte di me che se ne va».
Dori Ghezzi


"I miei adorati scrittori americani mi accompagnavano durante la guerra facendomi coraggio con le loro storie"



Scrittrice, giornalista, traduttrice e critica, nasce a Genova il 18 luglio 1917. A ventiquattro anni - e in piena seconda guerra mondiale - si laurea in Lettere con una tesi in letteratura americana su Moby Dick. Il capolavoro di Melville è la chiave che le apre la porta sul mondo della grande letteratura made in Usa. Nel 1943, pubblica la prima parziale traduzione dell'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters.

Il suo mentore è Cesare Pavese, già suo professore al liceo D'Azeglio di Torino e il primo di una serie di incontri fondamentali, tra cui quello con il marito, il grande architetto e designer Ettore Sottsass. L'incontro del 1948, a Cortina, è con Ernest Hemingway. Nasce un rapporto di amicizia e di lavoro. Nel 1949, Mondadori manda in stampa la traduzione di Addio alle armi. La Pivano sarà la maggiore curatrice delle opere dell'autore de Il vecchio e il mare.

Il primo viaggio negli Stati Uniti è del 1956. Al suo ritorno, porterà in Italia la poetica, le pagine di letteratura e di vita della beat generation. Di Gregory Corso, Lawrence Ferlinghetti e poi William Burroughs. La prefazione a Sulla strada di un certo Jack Kerouac è sua. Negli anni successivi, traduce Allen Ginsberg, ma anche Bob Dylan. Il suo approccio alla letteratura non conosce steccati. Di Fabrizio De Andrè dirà, prima di altri, "è il più grande poeta italiano del Novecento".
Intanto, inizia a raccogliere i ricordi dei grandi che ha incontrato: Hemingway, Francis Scott Fitzgerald, Dorothy Parker, William Faulkner. Tutti protagonisti del suo libro I mostri degli anni Venti, del 1976. Seguono l'intervista a Charles Bukowski, Quello che mi importa è grattarmi sotto le ascelle e una fondamentale biografia di Hemingway.

I suoi Diari (1917-1973), pubblicati da Bompiani, sono una messe di aneddoti ed episodi tratti da una vita straordinaria. Negli ultimi anni, la Pivano continua a promuovere e a riconoscere il talento dei nuovi narratori d'America: Bret Easton Ellis, Chuck Palahniuk, David Foster Wallace. Il suo amore per la musica la porta a partecipare al video di Luciano Ligabue, Almeno credo, e a partecipare alla realizzazione del disco di Morgan omaggio-remake a De Andrè, Non al denaro, non all'amore né al cielo.( la Repubblica)


Almeno Credo - Luciano Ligabue(2008)


"Dormono sulla collina"...
L'Antologia di Spoon River, di Edgar Lee Masters

Con alcune riflessioni di Cesare Pavese

"La Spoon River Anthology, uscita a pezzo a pezzo su un setti­manale del Middle West, è un gran corpo di epigrafi sepolcrali poste sulle labbra, secondo il buon gusto classico, ai morti stessi, di un villaggetto tipico nordamericano, Spoon River." Sono parole di Cesare Pavese che introducono un suo saggio critico sull'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. E il grande scrittore continua: "Un libro che comincia con un’elegia sul cimitero e va avanti con mariti scon­tenti, mogli adultere, scapoli scontrosi e bambini nati morti, e dove pressoché tutti si lamentano di aver mancata la vita, potreb­be anche parere, a sfogliarlo, una rassegna di casi clinici. La dif­ferenza sta soltanto nell’occhio del poeta che guarda i suoi morti, non con compiacenza malsana, o polemica, [...] ma con una consapevolezza austera e fraterna del dolore di tutti, della vanità di tutti, e a tutti fa pronunciare la confessione, a tutti strappa una risposta definitiva, non per cavar­ne un documento scientifico o sociale, ma soltanto per sete di ve­rità umana. Che la vita sia un cimitero di ambizioni fallite, di real­tà sofferte, di 'ali tarpate', non c’è bisogno della psicanalisi per scoprirlo [...] per inibito che possa parere qualche personaggio dell’An­thology, soffocato cioè da un certo ambiente, tale non è affatto il libro nel suo spirito, che contempla invece e accompagna, valendo­si del suo potente oggettivismo, le innumerevoli sconfitte, gli sfor­zi, le battaglie, e le rare vittorie, della vita contro la morte, dello spirito contro il caos, di cui è campo questo villaggetto provinciale che è la terra. Ma non ci sono simboli, beninteso. Tutto è vigorosamente vivo, materiato, attuale, in una parola, tutto è poesia».

* * *

Dall'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters
Traduzione italiana di Fernanda Pivano, Mondadori - Electa, Milano 2008

LA COLLINA

Dove sono Elmer, Herman, Bert, Tom e Charley,
l’abulico, l’atletico, il buffone, l’ubriacone, il rissoso?
Tutti, tutti, dormono sulla collina.

Uno trapassò in una febbre,
uno fu arso nella miniera,
uno fu ucciso in rissa,
uno morì in prigione,
uno cadde da un ponte lavorando per i suoi cari -
tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina.

Dove sono Ella, Kate, Mag, Edith e Lizzie,
la tenera, la semplice, la vociona, l’orgogliosa, la felice?
Tutte, tutte, dormono sulla collina.

Una morì di un parto illecito,
una di amore contrastato,
una sotto le mani di un bruto in un bordello,
una di orgoglio spezzato, mentre anelava al suo ideale,
una inseguendo la vita, lontano, in Londra e Parigi,
ma fu riportata nel piccolo spazio con Ella, con Kate, con Mag -
tutte, tutte dormono, dormono, dormono sulla collina.

Dove sono zio Isaac e la zia Emily,
e il vecchio Towny Kincaid e Sevigne Houghton,
e il maggiore Walker che aveva conosciuto
uomini venerabili della Rivoluzione?
Tutti, tutti, dormono sulla collina.

Li riportarono, figlioli morti, dalla guerra,
e figlie infrante dalla vita,
e i loro bimbi orfani, piangenti -
tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina.

Dov’è quel vecchio suonatore Jones
che giocò con la vita per tutti i novant'anni,
fronteggiando il nevischio a petto nudo,
bevendo, facendo chiasso, non pensando né a moglie né a parenti,
né al denaro, né all’amore, né al cielo?
Eccolo! Ciancia delle fritture di tanti anni fa,
delle corse di tanti anni fa nel Boschetto di Clary,
di ciò che Abe Lincoln
disse una volta a Springfield.



Fabrizio De Andrè, La collina

L’ATEO DEL VILLAGGIO

Voi giovani disputanti sulla dottrina
dell’immortalità dell’anima,
io che qui giaccio fui l’ateo del villaggio,
sempre pronto a parlare, litigioso, versato negli argomenti
degli infedeli.
Ma in una lunga malattia
tossendo a morte lessi le U panishad e la poesia di Gesù.
Questi mi accesero una torcia di speranza e di intuizione
e di desiderio che l’Ombra,
traendomi in fretta per le caverne del buio,
non poté spegnere.
Ascoltate, voi che vivete nei sensi:
l’immortalità non è un regalo,
l’immortalità è un risultato:
soltanto quelli che fan sforzi immensi
potranno possederla.


WALTER SIMMONS


I miei genitori pensavano che sarei stato
grande come Edison o anche più:
perché da ragazzo facevo palloni
e aquiloni meravigliosi e giocattoli con suonerie
e macchinette colle rotaie
e telefoni di scatole o di filo.
Suonavo la cornetta e dipingevo,
modellavo in argilla e feci la parte
della canaglia nell’«Ottorone».
Ma a ventun anni mi sposai
e bisognava vivere e, così, per vivere
imparai il mestiere di far orologi
e tenni la gioielleria in piazza,
pensando, pensando, pensando, pensando, -
non agli affari, ma alla macchina
che studiavo, coi calcoli, di costruire.
E tutta Spoon River stava attenta e aspettava
di vederla funzionare, ma non funzionò mai.
E alcune anime pietose credevano che il mio genio
fosse in qualche modo impacciato dal negozio.
Non era vero. La verità era questa:
che non avevo genio.



IL SUONATORE JONES


La terra ti suscita
vibrazioni nel cuore: sei tu.
E se la gente sa che sai suonare,
suonare ti tocca per tutta la vita.
Che cosa vedi, una messe di trifoglio?
O un largo prato tra te e il fiume?
Nella meliga è il vento; ti freghi le mani
perché i buoi saran pronti al mercato;
o ti accade di udire un fruscìo di gonnelle
come al Boschetto quando ballano le ragazze.
Per Cooney Potter una pila di polvere
o un vortice di foglie volevan dire siccità;
a me pareva fosse Sammy Testa-rossa
quando fa il passo sul motivo di Toor-a-Loor.
Come potevo coltivare le mie terre,
- non parliamo di ingrandirle -
con la ridda di cori, fagotti e ottavini
che cornacchie e pettirossi mi muovevano in testa,
e il cigolo di un mulino a vento - solo questo?
Mai una volta diedi mano all’aratro,
che qualcuno non si fermasse nella strada
e mi chiamasse per un ballo o una merenda.
Finii con le stesse terre,
finii con un violino spaccato -
e un ridere rauco e ricordi,
e nemmeno un rimpianto.

Fabrizio De Andrè, Il suonatore Jones


Come dice la poesia sopra:
[...]

l’immortalità non è un regalo,
l’immortalità è un risultato:
soltanto quelli che fan sforzi immensi
potranno possederla.

e lei li ha fatti...


una lunga e significativa vita ...


Una grande donna,
ha tradotto i grandi americani,
amica dei miei miti Hemingway, Fabrizio De Andrè,
salutaceli tutti e... semplicemente grazie....
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