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domenica 18 luglio 2021

World Press Cartoon 2021: i vincitori della categoria Editorial Cartoon

 

1st Prémio - Konstantin Kazanchev




Nella categoria EDITORIAL CARTOON, il 1° premio è 
stato assegnato all'ucraino Konstantin Kazanchev, 
per un disegno senza titolo, pubblicato sulla piattaforma 
olandese Cartoon Movement e il 2° premio è andato a 
Trump Riot, dell'australiano David Rowe, 
pubblicato sul giornale Australian Financial Review. 
Il 3° premio è stato assegnato all'artista argentino 
Alejandro Becares, per Davide e Golia, anch'esso 
pubblicato sulla piattaforma Cartoon Movement.

I disegni sono stati valutati da una giuria internazionale
 che comprendeva, oltre al rappresentante 
dell'organizzazione, António Antunes, Christine Traxeler 
dalla Francia, Jugoslav Vlahovic dalla Serbia, 
Leonardo Gutierrez dal Venezuela e João Alpuim Botelho 
dal Portogallo. Quasi mille opere, pubblicate in 64 paesi, 
hanno partecipato al concorso.

La selezione delle migliori opere in concorso costituisce
 la mostra che sarà aperta al pubblico, al Centro Culturale 
de Congressos das Caldas da Rainha, con ingresso gratuito,
 da oggi fino al 17 ottobre.

2nd Prémio - Rowe


3rd Prémio - Becs


Le menzioni d'onore:
Take away - Langer | Argentina

World war covid-19 - Listes | Croatia


The kiss - Ares | Cuba


Corona Rises - Tomás Serrano | Spain

sabato 23 giugno 2018

La figura di Donald Trump domina tra le caricature del World Press Cartoon 2018


Trump - Guaico, Colombia

Trump - Silvano Mello, Brasile


Trump - Asier Sanz, Spagna.



La figura di Donald Trump domina tra le caricature del World Press Cartoon 2018

Di Francisco Punal Suarez

Esclusivo per Fany Blog

Il presidente degli Stati Uniti è il più caricaturato nella Sala dell'esposizione del 13 ° World Press Cartoon presso il Centro Culturale e Congressi della città portoghese di Caldas da Rainha.

E non potrebbe essere altrimenti, dato il suo narcisismo,

domenica 21 febbraio 2016

Umberto Eco (1932 - 2016)

Elogio di Franti, Fenomenologia di MikeNonita... 
Eco fu anche uno dei massimi umoristi italiani. Gli sia lieve il cordoglio ipocrita.
Lia Celi



Muere un Grande
Rayma Suprani Venezuela








Ecco, Eco è etimologico echeggio. Effuse, eternò, estese…

di Nadia Redoglia

Un tautogramma (Umberto Eco ne fu autore) per rendere omaggio al semiologo, filosofo e scrittore

Educatore empatico, esperto experior, egloga estemporanea, eloquente Ermes, emozionante epitome, eppure esauriente ed esaustiva, (epperò) eliaco estravagante Etabeta, elargì ed espanse eclettici empirei. Erudì epigoni eredi. Entusiasmò enciclopedisti. Estrapolò ed escogitò enigmi. Elevò ed esortò Es, Etica ed Estetica. Espresse eleganti eterodossi esistenziali. Esultò eufonici evviva eureka ehi.

Editò, energico, efficaci epistole eclissando empi editti, ebeti enunciazioni, esegeti esibizionisti, emissari effimeri, edonisti enfatizzati, eletti eroismi evanescenti, erratiche epifanie, egocentrici esiziali: eterno elenco… (esclamativo)

Eco episodio? Eco epopea…





UMBERTO ECO - Nascimento: 5 de janeiro de 1932, Alexandria, Itália
Falecimento: 19 de fevereiro de 2016
JBosco Azevedo Brasile



Eco 
Tomas Serrano Spagna



Dormi bene Umberto
Carrera Arcangelo  Italia



Yesterday Harper Lee and my mother in law, today Umberto Eco... R.i.P all
http://www.bbc.com/news/world-europe-35620368?SThisFB
Firuz Kutal Turchia


Adiós a Umberto Eco 
BY ANGEL BOLIGAN, Cuba
EL UNIVERSAL, MEXICO CITY,


Chinson... ad Honorem...
Mario Airaghi Italia




"come non cadere in ginocchio davanti all'altare della certezza"
(Umberto Eco) .....alla mia maniera..
Perazzolli Italia



"I deboli sono carne da macello da usare quando servono a mettere in crisi il potere avverso e da sacrificare quando non servono più."
Umberto Eco
Paolo Lombardi Italia


Il cartoon per Eco
Makkox Italia


“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5.000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… Perché la lettura è un’immortalità all’indietro”.
(Umberto Eco)
Riverso Italia


http://www.noha.it/public/ECO1997.jpg




  Nonita
 di Umberto Eco
[ Il presente manoscritto ci è stato consegnato dal guardiano capo delle carceri di un paesino del Piemonte. Le notizie incerte che l’uomo ci diede sul misterioso prigioniero che lo abbandonò in una cella, la nebbia di cui è avvolta la sorte dello scrittore, una certa complessiva, inspiegabile reticenza di coloro che conobbero l’individuo che vergò queste pagine, ci inducono ad accontentarci di ciò che sappiamo come ci appaghiamo di quel che del manoscritto rimane – il resto roso dai topi – e in base al quale pensiamo che il lettore possa farsi un’idea della straordinaria vicenda di questo Umberto Umberto (ma non fu forse, il misterioso prigioniero, Vladimiro Nabokov paradossalmente profugo per le Langhe, e non mostra forse questo manoscritto l’antivolto del proteico immoralista?) e possa infine trarre da queste pagine quella che ne è la lezione nascosta – sotto la spoglia del libertinaggio una lezione di superiore moralità.]
Nonita. Fiore della mia adolescenza, angoscia delle mie notti. Potrò mai rivederti. Nonita. Nonita. Nonita. Tre sillabe, come una negazione fatta di dolcezza: No. Ni. Ta. Nonita che io possa ricordarti sinché la tua immagine non sarà tenebra e il tuo luogo sepolcro.
Mi chiamo Umberto Umberto. Quando accadde il fatto soccombevo arditamente al trionfo dell’adolescenza. A detta di chi mi conobbe, non di chi mi vede ora, lettore, smagrito in questa cella, coi primi segni di una barba profetica che mi indurisce le gote, a detta di chi mi conobbe allora ero un efebo valente, con quell’ombra di malinconia che penso di dovere ai cromosomi meridionali di un ascendente calabro. Le giovinette mi concupivano con tutta la violenza del loro utero in fiore, facendo di me la tellurica angoscia delle loro notti. Delle fanciulle che conobbi poco ricordo, perché ero preda atroce di ben altra passione e i miei occhi sfioravano appena le loro gote dorate in controluce di una serica e trasparente peluria.
Amavo, amico lettore, e con la follia dei miei anni solerti, amavo coloro che tu chiameresti con svagato torpore “le vecchie”. Desideravo dal più profondo intrico delle mie imberbi fibre quelle creature già segnate dai rigori di una età implacabile, piegate dal ritmo fatale degli ottant’anni, mimate atrocemente dal fantasma desiderabile della senescenza. Per designare costoro, sconosciute ai più, dimenticate dalla indifferenza lubrica degli abituali usagers di friulane sode e venticinquenni, adoprerò, lettore, oppresso anche in questo dai rigurgiti di un’impetuosa sapienza che mi atterrisce ogni gesto di innocenza che mai tenti – un termine che non dispero esatto: parchette.
Che dire, voi mi giudicate (toi, hypocrite lecteur, mon semblable, mon frère!) della mattutina cacciagione che si offre nel padule di questo nostro mondo sotterraneo al callidissimo amatore di parchette! Voi che correte per i giardini pomeridiani alla caccia banale di giovinette appena tumescenti, cosa sapete della caccia sommessa, umbratile, ghignante che l’amatore di parchette può condurre sulle panchine di vecchi giardini, nell’ombra odorosa delle basiliche, pei sentieri ghiaiosi dei cimiteri suburbani, nell’ora domenicale all’angolo degli ospizi, sulle porte degli asili notturni, nei filari salmodianti delle processioni patronali, alle pesche di beneficenza, in un amoroso ferratissimo ahimè inesorabilmente casto agguato per spiare dappresso quei volti scavati da vulcaniche rughe, quelle occhiaie acquose di cataratta, il vibratile moto delle labbra riarse, depresse nell’avvallamento squisito di una bocca sdentata, solcate talvolta da un rivolo lucente d’estasi salivare, quelle mani trionfanti di noduli, nervose nel tremolio lubrico e provocante dello sgranare una lentissima corona.
Potrò mai parteciparti, amico lettore, il languore disperato di quelle fuggevoli prede degli occhi, il fremito spasmodico di certi contatti labilissimi, un colpo di gomito nella ressa del tram (“Scusi signora, vuole sedersi?” Oh, satanico amico, come osavi raccogliere l’umido sguardo di riconoscenza e il “Grazie, buon giovine”, tu che avresti voluto inscenare lì stesso la tua bacchica commedia del possesso?), lo sfiorare un ginocchio venerando strisciando, col tuo polpaccio, tra due file di sedie nella solitudine pomeridiana di un cinema rionale, lo stringere della tenerezza trattenuta – sporadico momento del più estremo contatto! – il braccio ossuto di una vegliarda che aiutavo ad attraversare il semaforo con aria contrita di giovane esploratore!
Le vicende della mia beffarda età mi inducevano ad altri incontri. Lo dissi, apparivo piuttosto affascinante, con le mie gote brune e un volto tenero di fanciulla oppressa da una morbida virilità. Non ignorai l’amore di adolescenti, ma lo subii, come un pedaggio alle ragioni dell’età. Ricordo che una sera di maggio, poco prima del tramonto, quando nel giardino di una villa gentilizia – era nel varesotto, non lontano dal lago rosso del sole che calava – giacqui nell’ombra di un cespuglio con una sedicenne implume tutta efelidi, presa in un impeto di amorosi sensi veramente sconfortante. E fu in quell’istante, mentre le concedevo svogliatamente l’ambito caduceo della mia pubere taumaturgia, che vidi, lettore, quasi indovinai da una finestra del primo piano, la sagoma di una decrepita nutrice piegata curvamene in due mentre si dipanava lungo la gamba l’ammasso informe di una nera calza di cotone. La vista folgorante di quell’arto ingrossato, segnato di varici, accarezzato dal moto inabile delle vecchie mani intese a srotolare il groppo dell’indumento mi apparve (occhi miei concupiscenti!) come un atroce e invidiabile simbolo fallico blandito da un gesto virginale: e fu in quell’attimo che, preso da un’estasi irrobustita dalla distanza, esplosi rantolando in un’effusione di biologici consensi che la fanciulla (improvvida ranocchietta, quanto ti odiai!) raccolse gemebonda come un tributo ai propri fascini acerbi.
Hai mai dunque compreso, stolido mio strumento di differita passione, che tu fruisti del cibo di un’ altrui mensa, oppure l’ottusa vanità dei tuoi anni incompiuti mi ti si presentò come un focoso indimenticabile peccaminoso complice? Partita con la tua famiglia il giorno appresso mi inviasti dopo una settimana una cartolina firmata “la tua vecchia amica”. Intuisti la verità rivelandomi la tua perspicacia nell’uso accurato di quell’aggettivo, o fu la tua l’argotica bravata di una liceale in guerra con le filologiche creanze epistolari?
Come da allora fissai tremando ogni finestra nella speranza di vederne apparire la silhouette sfasciata di una ottuagenaria al bagno! Quante sere, seminascosto da un albero, consumai le mie solitarie deboscie, lo sguardo volto all’ombra profilata su di una tendina di un’ava soavissimamente intenta a un pasto biascicante! E l’orrida delusione, subitanea e folgoratrice ( tiens, donc, le salaud! ) della figura che si sottrae alla menzogna dell’ombre cinesi e si rivela al davanzale per quel che è, un’ignuda ballerina dai seni turgidi e dalle anche ambrate di cavalla andalusa!
Così per mesi ed anni corsi insaziato alla caccia illusa di adorabili parchette, teso ad una ricerca che, lo so, traeva l’indistruttibile sua origine dal momento ch’io nacqui, ed una vecchia sdentata ostetrica – infruttuosa ricerca del padre mio che a quell’ora di notte non fu capace di trovare altro che costei, un piede sull’orlo della fossa! – mi sottrasse alla prigionia vischiosa del grembo materno e mi mostrò alla luce della vita il suo volto immortale di jeune parque.
Non cerco giustificazioni per voi che mi leggete (à la guerre comme à la guerre), ma voglio almeno spiegarvi quanto fatale fosse stato il concorrere di eventi che mi portò a quella vittoria.
La festa cui ero stato invitato era uno squallido petting party di giovani indossatrici e impuberi universitari. La flessuosa lussuria di quelle giovinette invogliate, il negligente offrirsi dei loro seni da una blusa sbottonata nell’impeto di una figura di danza, mi disgustava. Già penavo di lasciare di corsa quel luogo di banale commercio di inguini ancora intatti, quando un suono acutissimo, quasi stridulo (e potrò mai esprimere la frequenza vertiginosa, il roco digradare delle corde vocali già spossate, l’allure supréme de ce cri centenarie?) un lamento tremulo di femmina vecchissima piombò nel silenzio l’accolta. E nel riquadro della porta vidi lei, il viso della lontana parca dello choc prenatale, segnato dall’entusiasmo spiovente della chioma canutamente lasciva, il corpo rattrappito che segnava di angoli acuti la stoffa dell’abituccio nero e liso, le gambe ormai esili piegate inesorabilmente ad arco, la linea fragile del femore suo vulnerabile profilata sotto il pudore antico della gonna veneranda.
La scipita giovinetta che ci ospitava ostentò un gesto di sopportata cortesia. Alzò gli occhi al cielo e disse: “E’ mia nonna” …
[ A questo punto termina la parte intatta del manoscritto. Da quel che è dato di inferire dalle linee sparse che se ne possono ancora leggere, la vicenda dovrebbe procedere come segue. Umberto Umberto rapisce dopo pochi giorni la nonna della sua ospite e fugge con lei, portandola sulla canna della bicicletta, verso il Piemonte. Dapprima la conduce in un ospizio di poveri ricchi, ove la notte la possiede, apprendendo fra l’altro che la vecchia non è alla sua prima esperienza. Sul far del giorno, mentre sta fumando una sigaretta nella semi-oscurità del giardino, viene avvicinato da un giovinetto dall’aria ambigua che gli chiede se la vecchia sia effettivamente sua nonna. Preoccupato lascia l’ospizio con Nonita ed inizia una vertiginosa peregrinazione per le strade del Piemonte. Visita la fiera dei vini di Canelli, la Festa del Tartufo di Alba, prende parte alla sfilata di Gianduia a Caglianetto, al mercato del bestiame di Nizza Monferrato, all’elezione della Bella Mugnaia di Ivrea, alla corsa nei sacchi per la festa patronale di Condove. Al termine di questo folle peregrinare per l’immensità del paese che lo ospita, si accorge che da tempo la sua bicicletta è sornionamente seguita da un giovane esploratore in lambretta, che elude ogni appostamento. Il giorno in cui, ad Incisa Scapaccino, porta Nonita da un callista e si allontana un istante a comperare le sigarette, quando torna si trova abbandonato dalla vecchia, fuggita col rapitore. Passa alcuni mesi in una profonda disperazione, e finalmente ritrova la vegliarda, reduce da un istituto di bellezza dove è stata condotta dal seduttore. Il suo viso è privo di rughe, i capelli tinti di un biondo rame, la bocca rifiorita. Umberto Umberto è colto da un senso di abissale pietà e queta disperazione alla vista di tanto sfacelo. Senza dir motto acquista una doppietta e va alla ricerca dello sciagurato. Lo trova ad un campeggio mentre sta soffregando due legnetti per accendere il fuoco. Gli spara una, due, tre volte, sempre mancandolo, sinché non viene afferrato da due sacerdoti in basco nero e giacca di cuoio. Prontamente arrestato viene condannato a sei mesi per porto d’armi abusivo e caccia fuori stagione.]

Umberto Eco, Diario minimo, Mondatori, Milano 1975.





Umberto Eco foto di Alberto Cane







http://www.tpi.it/mondo/italia/regole-lingua-italiana-umberto-eco

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video del commento di Eco con Paolo Poli dell'elogio di Franchi
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Il diario minimo 
di Umberto Eco

“[…] il ridente – o il sogghignante – altro non è che il maieuta di una diversa società possibile.” – Elogio di Franti
Raccolta di articoli pubblicata da Eco per la prima volta nel 1963, poi ampliata e, in parte modificata, nel 1975. Etichettati all’inizio come letteratura disimpegnata e come “figli di un Eco minore” gli articoli rappresentano una serie di esercizi di stile, attraverso l’esplorazione di vari generi, con il grande sotteso della scelta parodistica e umoristica. Scendendo nel concreto, ad esempio c’è l’articolo di apertura: Nonita. Nella finzione, trascrizione di un diario, in parte corrotto, abbandonato da un carcerato nella sua cella. Ricostruzione di Lolita, sostituisce alla passione per una giovinetta quella per un’attempata signora di settant’anni, mantenendo la serietà dei sentimenti e delle descrizioni dell’innamorato, fino all’esito tragicomico che lo condurrà in carcere.

Tra gli articoli contenuti anche il celebre saggio sulla “Fenomenologia di Mike Bongiorno“, che ahinoi è oramai diventata, a distanza di soli cinquant’anni, la fenomenologia dell’italiano abbrutito dalla televisione e dal modo di fare del Bongiorno originale e di tutti gli emulatori più o meno inconsapevoli.

Tra i miei articoli preferiti i due sulle avventure antropologiche dei melanesiani. Infine l’inverno nucleare è giunto, i missili americani, lanciati dalle coste dell’adriatico, e quelli russi hanno cancellato ogni forma di vita al di sotto delle calotte polari. Solo i melanesiani, gli eschimesi e pochi altri abitanti delle terre vicine ai poli si sono salvate. A distanza di un migliaio di anni si interrogano sugli usi e i costumi dei loro predecessori cercando tracce delle loro civiltà. Le ricostruzioni assurde prodotte dalla scarsità di documenti, dalla proiezione della cultura sul passato, producono letture che in realtà finiscono per dirci qualcosa su noi stessi e sui nostri tempi. Anche se noi non siamo più negli anni sessanta abbiamo che oggi è solo più probabile che per un evento del genere, mentre tutti gli altri stati europei hanno prodotto delle criptobiblioteche con il loro sapere, noi ce ne siamo dimenticati o ne siamo stati impossibilitati per mancanza di fondi alla nostra biblioteca nazionale, due ipotesi al dibattito degli studiosi post-apocalittici, insieme a quella della nostra non esistenza nonostante le altre fonti ci citino, ovviamente non quelle francesi, ça va sans dire.

La lettura di questi articoli, con una nota di particolare attenzione per l’Elogio di Franti, è veramente divertente e apre, attraverso il riso, all’osservazione di un’epoca dalla quale, accettate le contraddizioni a tal punto da trovarne il lato umoristico, si può finalmente andare oltre. (fonte)


Intelletuali moderni
Gianluca Foglia-  Fogliazza Italia
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Sentite condoglianze alla famiglia.

giovedì 7 maggio 2015

Orson Welles 100 anni dalla nascita

6 maggio 1915 nasceva Orson Welles
che sarebbe diventato un regista, un genio, un mito.

Welles realizzò, nel 1941, il suo primo film, il suo capolavoro - Citizen Kane-Quarto potere - il suo film più discusso, il più commentato e il più studiato nell'intera vita del cinema. "Ancora oggi, dopo settant'anni dalla sua apparizione, per convergenza quasi unanime degli storici, divide quel secolo abbondante attraverso cui si è stratificata fino ad oggi la vicenda cronologica dei film, in un prima e in un dopo", spiegano Nuccio Lodato e Francesca Brignoli. Sono gli autori di "Orson Welles. Quarto Potere", un libro pubblicato da Lindau interamente dedicato al suo capolavoro d'esordio che viene analizzato alla luce di materiali nuovi e delle critiche più recenti, corredato da splendide fotografie in bianco e nero di alcune delle sequenze più significative. [...]


Orson
David Rowe



Welles 100
Tomas Serrano




Cento di questi anni Orson!
Massimo Jatosti


Orson Welles in "La ricotta" di Pier Paolo Pasolini (1962)


Da Il terzo Uomo: Harry Lime (Orson Welles) a Joseph Cotten
"Sai che cosa diceva quel tale? In Italia sotto i Borgia, per trent'anni, hanno avuto assassinii, guerre, terrore e massacri, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e che cos'hanno prodotto? Gli orologi a cucù."


Qualche foto:





Orson Welles at 100: BFI pays tribute to Hollywood legend

sabato 27 dicembre 2014

Felices Dias

Gli Auguri di un Felice 2015 di Tomas Serrano:


Raffaella, felices días y ti auguro il meglio per  2015!
Besos,

Tomas

lunedì 2 giugno 2014

Spagna: il re abdica

#ElReyAbdica
KAP
Il re abdica!

Il re di Spagna Juan Carlos di Borbone ha deciso di abdicare. Lo annuncerà agli spagnoli lui stesso, probabilmente entro poche ore. E’ stato il presidente del consiglio Mariano Rajoy a dara la notizia convocando d’urgenza una conferenza stampa. In quattro minuti, senza accettare domande, Rajoy ha ricordato l’apporto decisivo dato da Juan Carlos all’affermazione della democrazia spagnola dopo decenni di franchismo, il suo contributo a difendere l’immagine della Spagna del mondo, il ruolo di rappresentante delle molteplici identità spagnole. Il governo dovrà ora varare una nuova legge per permettere la successione legale del monarca. Nella costituzione, infatti, si cita espressamente il nome di Juan Carlos come re degli spagnoli e i costituzionalisti hanno sempre espresso perplessità sull’automatismo della successione.


Miguel Villalba Sánchez (Elchicotriste)
Scandals have severely harmed Monarchy in Spain. King Juan Carlos I abdicates to his son Felipe 02 Jun 2014


King of Spain abdicating
By Kap, Spain - 6/2/2014



Els ninotaires de 'Fins als borbons!' ja ho deien fa dies... http://bit.ly/1hPSjDa @SrPlastiko @kapdigital pic.twitter.com/NBGqb8RXcn
Plastiko



Sciammarella






 La abdicación.
Dario Castillejos
by Rayma





 La abdicación
Abdication.

 by Tomas Serrano



Jan Carlos di Borbone
Tiziano Riverso


Morten Morland



la copertina della rivista eljueves


 
by Jan-Erik Ander


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Link:
http://www.polisblog.it/post/240217/re-juan-carlos-di-spagna-abdica-il-trono-a-felipe

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Il re e gli elefanti 


sabato 19 aprile 2014

Gabriel Garcia Márquez 1927-2014

Gabriel Garcia Márquez
Fernando Vincente


"Se sapessi che oggi è l'ultima volta che ti vedo uscire dalla porta, ti abbraccerei, ti darei un bacio e ti chiamerei di nuovo per dartene altri."
Gabriel Garcia Márquez


Capitulo final
Boligan


Gabriel García Márquez. 1927-2014.
Omar Figueroa Turcios


Cien años de soledad es un vallenato de 400 páginas
Turcios

…Crónica de una muerte anunciada

Gabo aveva 87 anni, sicché bisognava essere “preparati” per la sua morte. Invece no, non lo siamo oggi che è successa, proprio per niente. Insieme ad altri milioni  mi sento più abbandonata che orfana. Non va bene, proprio per niente. Non va bene perché quando muoiono (nel corpo) i “Gabo” ci si deve sentire orfani della Persona, non abbandonati dal tutto che quella seppe costruire e, talvolta, addirittura creare (dato che alla base ci stava praticamente il nulla) e subito dopo offrircelo. Se si avverte abbandono vuol dire che, sentendoci soli (e forse da ben più di cent’anni)  temiamo d’essere troppo deboli per continuare la storia dei Gabo. Siamo tanti ad amarlo riconoscendolo come Maestro di vita.  Volete che insieme noi non riusciamo a fare (almeno!) un Gabo? Badate che ne basta uno solo per renderlo “immortale”. Se poi riuscissimo addirittura a farne saltare fuori un bel po’ potremmo sperare di rendere immortale il suo pensiero sì da farne perfino sistema di vita! Auguri a ciascuno di noi e non solo in occasione della Pasqua…
18 aprile 2014


"Mariposas amarillas que vuelan liberadas".
Rochas Eduardo Quintana


Gabriel García Márquez
By Dario Castillejos, El Imparcial de México - 4/17/2014


Petar Pismestrovich


ADIÓS MAESTRO!! Estas lágrimas van para usted.. nunca olvidaré haberme permitido ser parte de ese mundo paralelo que fue Macondo y que conocí a través de esa obra de arte de literatura que es "Cien años de soledad". Gracias por eso y por todos sus libros.
Omar




EL LECTOR YA NO TIENE QUIEN LE ESCRIBA.
¡HASTA SIEMPRE, QUERIDO GABO!
GABRIEL GARCÍA MÁRQUEZ
 by/por WALTER TOSCANO


 Gabo
Tiziano Riverso


Garcia Marquez
By Antonio Neri Licón, El Economista, Mexico - 3/6/2007


"El problema del matrimonio es que se acaba todas las noches después de hacer el amor, y hay que volver a reconstruirlo todas las mañanas antes del desayuno."
--Vivir Para Contarla
"Il problema con il matrimonio è che ogni sera dopo aver fatto l'amore finisce, e si deve ricostruire di nuovo ogni mattina prima di colazione."




Gabriel García Márquez
By Kap, Spain - 4/18/2014


Gabriel Garcia Marquez
Paolo Lombardi
. 17 Apr 2014




Gabo ci lascia più soli ...di cento anni!
Carrera Arcangelo



García Márquez
Um desenho de última hora em homenagem a este grande mestre da literatura mundial
Mello

 Gabo
Avramescu


Gabriel García Marquez
By Arcadio Esquivel, La Prensa, Panama, www.caglecartoons.com - 4/18/2014



Tomas Serrano


Fin de Cien años de soledad
Raul Fernando Zuleta
Gabriel García Marquez (1927 - 2014) 18 Apr 2014


Dalcio




"Últimas palabras del doctor Juvenal Urbino, quien deja a la muerte aguardando, hasta ver al motivo de su último aliento y le dice: ..."Sólo Dios sabe cuánto te quise"."

--El amor en los tiempos del cólera (1985)


Nani Mosquera (Magola)


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 Nota
 Se n’è andato Gabriel García Márquez, lo scrittore colombiano che ha avvicinato milioni di persone alla letteratura. E’ mancato a 87 anni, in un ospedale di Città del Messico, a causa dell’improvviso aggravarsi di una polmonite. Ma la notizia, anche se preparata dal prolungarsi di un suo precario stato di salute, è luttuosa per milioni di lettori: soprattutto per i tanti figli del Sessantotto che proprio allo scoppio della contestazione erano stati colpiti al cuore da «Cent’anni di solitudine». Un romanzo talmente lussureggiante, libertario, esotico, coinvolgente, da trasformare il luogo immaginario in cui si svolge la storia, Macondo, in simbolo e sinonimo di vita alternativa.
E tuttavia «Gabo», come lo chiamavano non soltanto gli amici, è stato molto più che l’autore di un solo libro, per quanto capolavoro; e anche più che un classico monumento intellettuale, infiocchettato dal premio Nobel (effettivamente conseguito nel 1982). In altri romanzi, infatti, ha saputo variare il suo stile, conquistando giovani lettori e trasformando — come soltanto i grandi hanno saputo fare — i titoli dei suoi libri in slogan diffusissimi e persino in luoghi comuni: «L’autunno del patriarca», «Cronaca di una morte annunciata», «L’amore ai tempi del colera», «Il generale nel suo labirinto» sono espressioni che tutti almeno una volta ci siamo ritrovati sulle labbra, e ancor oggi ricorrono in tanti discorsi quotidiani o colti, allusivi o ironici.
García Márquez a tutto tondo, insomma, anche come figura pubblica, e persino accettato e applaudito da quanti non hanno condiviso le sue posizioni politiche: amico intimo e dichiarato del dittatore Fidel Castro (sia pure «sul piano personale e letterario»), simpatizzante del regime di Chavez in Venezuela, ma anche avversario dichiarato dei mercanti di droga e morte della sua Colombia. E amico-nemico di un altro grandissimo scrittore sudamericano, Nobel come lui ma di opinioni politiche opposte: il peruviano Mario Vargas Llosa, liberale e anche rivale in amore, capace di sfidarlo a pugni in una rissa, salvo poi lodarlo come un gigante della letteratura.
(fonte)
Links
www.facebook.com/GabrielGarciaMarquezAuthor
 http://it.wikipedia.org/wiki/Gabriel