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domenica 22 febbraio 2015

Capitali in Svizzera, pubblicata la lista Falciani


FALCIANÌ ITALY
PORTOS





sabato 14 febbraio 2015
LISTE BLOCCATE
Piu' di settemila i nomi degli italiani della famosa Lista Falciani. Pare comunque che quanti hanno provveduto a imboscare capitali in Svizzera siano molti di piu' e naturalmente tra loro non brillano certo gli operai ne' gli impiegati di basso livello. I sempre annunciati accordi con la Svizzera non hanno mai trovato una soluzione pratica per far rientrare l'enorme flusso di denaro in buona parte frutto dell'evasione e dell'elusione fiscale.
UBER


My cartoon Thursday @TheTimes on HSBC, advertising, and The Daily Telegraph
Peter Brookes


Ben Jennings



Révélations sur l'évasion fiscale suisse
Chapatte


Banque au c?ur du scandale
Chapatte


Mandats d'arrêt contre UBS
Chapatte


Nobiltà
Fulvio Fontana



GLMart





Tiziano Riverso



Gino Paoli
Tiziano Riverso


cuoca di Briatore
Tiziano Riverso



La cuoca di Briatore

21/02/2015
MASSIMO GRAMELLINI
Non bastasse il caso del serioso Gino Paoli, di cui nessuno avrebbe mai osato supporre che fosse un cantante d’evasione, i soliti maligni sospettano che anche dietro i 39 milioni di dollari rintracciati sul conto svizzero della cuoca di Flavio Briatore si nasconda una truffa per eludere il fisco. In pochi sono disposti a riconoscere al raffinato gourmet anglo-cuneese il legittimo desiderio di ingaggiare a qualsiasi prezzo la chef migliore del pianeta per commissionarle il suo piatto preferito, la Caviella, una crema di caviale alle nocciole da spalmare su banconote da cento euro leggermente tostate.
Il particolare che la signora non fosse a conoscenza del cospicuo lascito sembra avere incuriosito i magistrati, biliosi e inappetenti come tutti i comunisti, mentre testimonia soltanto la bravura del manager battente bandiera monegasca nel motivare le maestranze. Chiunque sarebbe stato capace di spadellare meraviglie in cambio del prodotto interno lordo del Ghana o dell’ingaggio di Cristiano Ronaldo. Invece la cuoca di Briatore cucinava soltanto per il piacere di strappare un rutto griffato di soddisfazione al suo committente. Poiché la signora risulta al momento disoccupata in quel di Brescia, si potrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di lasciarle la disponibilità del conto di cui era l’inconsapevole beneficiaria. Del resto ogni epoca ha gli imprenditori che si merita. Michele Ferrero seppe arricchire una provincia intera. Che Briatore arricchisca almeno la sua cuoca.



Vauro



Vauro




Vauro





il volo AZ.....Roma Ginevra-notturno...piu' battuto!!!!!
Alfio Leotta



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Hervé Daniel Marcel Falciani (Monte Carlo, 9 gennaio 1972) è un ingegnere italiano naturalizzato francese.
Noto alle cronache per aver divulgato notizie bancarie riservate, dal 2009 collabora con numerosi Paesi europei fornendo e vendendo - in maniera giudicata illegale - informazioni su oltre 130.000 presunti evasori fiscali titolari di conti correnti svizzeri e in particolare di coloro che li avevano aperti in una filiale della banca privata svizzera HSBC.
Falciani è l'autore della cosiddetta Lagarde list, così chiamata perché fatta pervenire all'allora ministro francese delle finanze Christine Lagarde, oggi direttore generale del FMI. Si tratta di un elenco di clienti della HSBC che presumibilmente hanno utilizzato quella banca per evadere le tasse e riciclare denaro. La Lagarde, a sua volta, lo ha inviato a quei governi i cui cittadini erano nella lista.
L'11 dicembre 2014 Falciani è stato indagato dal governo federale svizzero per violazione del suo leggendario segreto bancario e per spionaggio industriale. L'accusa rivolta a Falciani, che tuttavia non viene mai nominato, era di aver trafugato informazioni dagli uffici della HSBC ginevrini, passandoli illegalmente al fisco francese. Nel novembre 2014 la Francia ha accusato la HSBC di riciclaggio di denaro.

sabato 2 ottobre 2010

Balairatt

 Riprendo da  *S.P.Q.R.*

PS: Beh, nemmeno gli Svizzeri sono troppo dolci coi padani 
«Ci rubano lavoro». L'offesa svizzera
con quel topo anti italiano

Transfrontalieri rappresentati da tre ratti. Uno si chiama Giulio e ha uno scudo con tre monti

Sono Padani Questi Ratti

LOCARNO - Ci sono tre topi. Anzi, tre ratti. Il primo si chiama Fabrizio, vive a Verbania, ma fa il piastrellista in Ticino. Il secondo si chiama Bogdan. È rumeno. Non ha né un domicilio, né un lavoro. Il terzo si chiama Giulio. E come Tremonti è un avvocato italiano. Non è l’inizio di una barzelletta. E i tre animali sono i protagonisti della curiosa campagna lanciata oggi in Ticino. Dietro all’iniziativa sembra ci siano personaggi noti del mondo imprenditoriale e politico ticinese. Nel mirino i ‘tre mali dell’economia ticinese’: i frontalieri, i criminali stranieri e lo scudo Tremonti. Marco Car per Inserto Satirico.




[...]Ultima annotazione: Michel Ferrise, l'ideatore della campagna, ha detto che l'anonimo committente gli aveva «chiesto di trovare un'idea originale che portasse i ticinesi ad aprire gli occhi su determinate questioni» e che aveva scelto i ratti perché «il ratto è qualcosa di spregevole» e contiene «il concetto di "derattizzazione"». Che sia razzista, non c'è dubbio. Originale no. Lo dice una vignetta pubblicata un secolo fa dalla rivista americana Judge in cui il vecchio zio Sam assiste corrucciato allo sbarco, da una nave proveniente «direttamente dalle topaie dell'Europa», di migliaia di topi di fogna coi baffi alla figaro che hanno scritto sui cappelli o sul coltello che reggono tra i denti: «Mafia», «Anarchia», «Assassinio»...
È passato un secolo, e noi italiani, grazie a quelli come il signor Ferrise e i suoi committenti, siamo alle prese ancora con le stesse porcherie...Gian Antonio Stella
Non è la Svizzera ad essere razzista, ma un gruppo di cittadini, fino adesso non indentificati (domani ci sarà una conferenza stampa) e che le autorità tutte hanno condannato l'iniziativa
 Indeciso

...ma è l'UDC il più votato partito elvetico!
ma in Ticino non ha molti estimatori, questo sarà stato un modo di "farsi belli"  Indeciso



Razzista sarà lei
La campagna pubblicitaria dove i frontalieri piemontesi e lombardi del Canton Ticino vengono raffigurati come topi famelici che divorano il formaggio svizzero non è affatto razzista. Lo ha spiegato chi l’ha commissionata, un politico locale che è presidente dell’Udc e di nome fa Pierre, ma con Casini per fortuna non c’entra niente.

Anche Ciarrapico ha respinto con sdegno l’etichetta di antisemita: in fondo al Senato aveva soltanto detto che tutti gli ebrei sono dei Giuda. Persino Berlusconi, fra un attacco ai giudici e una barzelletta blasfema su Rosi Bindi, ha trovato il tempo per raccontarne una sulla tirchieria degli ebrei (originale, vero?), ma nemmeno lui è razzista. E nemmeno Bossi, che ha dato dei «porci» ai romani. Era una battuta: di Boldi, per la precisione. (Qualcuno l’aveva attribuita a Obelix, che però ha smentito. Lui diceva «Sono pazzi questi romani». Era un raffinato, Obelix). E chi vuol cacciare i rom in quanto rom? Guai a ricordargli il precedente di Hitler: si offende. Come quel professore di musica che su Facebook si augura lo sterminio dei disabili. «Nazista io? Inconcepibile».

Forse è il momento di tracciare una linea nel discorso pubblico. Di qua razzismo, di là goliardia. E’ che non si capisce bene dove vogliano collocarla, questa linea, gli arzilli avanzi del Bagaglino. Per loro dileggiare una comunità non esprime pregiudizio, ma incontenibile simpatia. Per me il confine resta il rispetto della dignità di ogni individuo. Ma sono un vecchio topo liberale, non faccio testo (e non mangio neanche il formaggio).
Gramellini LASTAMPA.it


La Svizzera ci tratta come topi

"La Stampa" 29 settembre 2010
Un personaggio di Kafka, destandosi una mattina, si trovò tramutato in scarafaggio: “Che cosa m’è accaduto?”, si domandò terrorizzato. Il terrore non lo molla più. Noi, lettori occidentali, pensavamo che il grande scrittore praghese, ebreo, intuisse e rappresentasse gli incubi delle minoranze oppresse: essere declassati da uomini ad animali. Ma pensavamo tutto questo sforzando il cervello, per intuire una condizione che non sarà mai nostra: noi siamo occidentali, siamo europei, siamo cristiani, le condizioni a-umane o sub-umane non possono toccarci, sarebbe una contraddizione della storia, e noi siamo autori di storia, padroni della storia. Noi italiani, poi, siamo il centro della cristianità, il cuore dell’arte e della genialità. Mai saremo visti, dai fratelli europei, come animali repellenti o feroci. Non siamo lupi. Non siamo scimmie.
Ed ecco, dalla civilissima Svizzera, e dalla parte più italiana della Svizzera, il Canton Ticino, esce uno spot pubblicitario che ci raffigura come topi, anzi toponi. I toponi sono topi grassi. Perché mangiano molto formaggio. Svizzero. Non lo fanno, ma lo mangiano. Entrano in casa e sbafano tutto. Peggio che ladri, sono ladri e rapinatori e parassiti insieme. La didascalia dice: “I ratti invadono la Svizzera italiana”, ma il messaggio è: “I ratti italiani invadono la Svizzera”. Perché non ci siano dubbi sull’identificazione uomini-topi, i topi, tre, hanno dei nomi. Uno si chiama Fabrizio, vive a Verbania ma va a lavorare in Ticino. Il secondo si chiama Bogdan, è rumeno, non ha né casa né lavoro: come uomo, un sotto-uomo, come topo, un sotto-topo. Il terzo si chiama Giulio, e fa l’avvocato. Un Giulio che fa l’avvocato è Tremonti, e Tremonti è descritto poco dopo come citrullo, disonesto, dannoso ai suoi concittadini, sabotatore delle oneste e professionali banche svizzere. Perché, introducendo lo scudo fiscale, richiama dalla Svizzera i capitali illecitamente esportati. Dei tre tipi che incarnano la malaumanità europea, noi italiani siamo presenti in due. La società svizzera-ticinese è laboriosa, risparmia e accumula (il formaggio è lì pronto, una forma enorme), “guadagna bene” (lo dice il testo, con legittimo vanto), insomma rappresenta il benessere capitalistico, e chi sta bene Dio è con lui. Noi italiani siamo il male, e facciamo il male. Non noi napoletani o noi siciliani, insomma noi italiani del Sud, facilmente e ingiustamente disprezzati dal Nord: ma noi italiani del Nord, anzi del Nord del Nord, noi frontalieri della Svizzera. Noi rubiamo il lavoro. Ci facciamo pagare con una cicca, e così eliminiamo ogni concorrenza. I lavoratori svizzeri sono troppo umani e dignitosi, non si fanno pagare da straccioni. E poi hanno una moneta buona, solida, stabile. Non hanno l’euro, ballerino e spregiato. Noi italiani del Nord, sottolavoratori della zona euro, siamo accecati dal salario decente e dal franco.
Ma queste non sono esattamente le accuse che noi, italiani del Nord, rivolgiamo agli europei dell’est e agli africani del nord? Vengono da aree dove il lavoro è zero, hanno monete rifiutate dalle nostre banche, qui fanno i sottolavori sporchi o malsani o rischiosi che noi scartiamo, si accontentano delle sottopaghe che noi sdegniamo, qui vivono la loro miserabile sottovita, e noi li accusiamo di rubarci i posti (se non ci fossero loro, li occuperemmo noi), entrare nelle case sfitte, e ripagarci stuprando le nostre donne, rubando nelle nostre case, e riempiendo le nostre prigioni. Non diciamo “siete topi”, ma gli incendiamo gli insediamenti, per farli scappare. Come gli svizzeri con noi. Gli italiani ai confini della Svizzera sono ratti, dicono, “e noi vogliamo derattizzare”. Testuale. È un calcio in pancia che ci sveglia di soprassalto. Apriamo gli occhi, e ci troviamo trasformati in topi.  Ferdinando Camon 



Dice l'autore della campagna pubblicitaria:

Alle 11.05 Ferrise ha preso la parola: "Siete qui in tanti. Segno che l'idea ha avuto successo. Oggi mi tolgo un sassolino dalla scarpa e dico che è stato dato un senso sbagliato alla campagna. Guardate l'immagine (indica il cartellone) vi sembra un'immagine razzista? Mi sembra che in Italia la satira sia una realtà, perchè in Ticino non puo' essere così?".


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Puoi leggere anche :
Animalizzare il nemico(Ferdinando Camon) 

Balairatt, 'affaire' di Pierre Rusconi e UDC

lunedì 30 novembre 2009

La Svizzera ha detto no ai minareti.


Valutgång…(Esito delle elezioni ...)

Olle Johansson, Sweden Visit Olle's site.

La Svizzera dice no ai minareti

e sì all'esportazione di armi
Passa a sorpresa, con il 57% dei voti, l'iniziativa promossa dalla destra nazional-conservatrice

MILANO - La Svizzera dice no ai minareti. A sorpresa, l'iniziativa per il bando dei simboli religiosi musulmani è stata accettata al referendum con il 57% dei voti. In base ai risultati ufficiali, solo quattro dei 26 cantoni che formano la Confederazione hanno respinto la proposta avanzata dal partito della destra populista dell’Udc e della destra cristiana dell’Udf. Data la maggioranza sia degli elettori che dei cantoni, il voto comporterà quindi la modifica dell’articolo 72 della Costituzione, che regola i rapporti fra lo Stato e le confessioni religiose: il divieto della costruzione dei minareti vi verrà inserito come una misura «atta a mantenere la pace fra i membri delle diverse comunità religiose». Il risultato viene considerato dagli analisti come una grande sorpresa, giacché contraddice i sondaggi che davano il «no» al 53%; inoltre, sia il governo che l’opposizione - come le principali comunità religiose - si erano espressi contro l’approvazione del referendum. I musulmani, che sono il 5% della popolazione elvetica, dispongono di circa 200 luoghi di preghiera in Svizzera, ma solo quattro minareti, che non sono usati per il richiamo alla preghiera. Un secondo referendum in votazione chiedeva di bandire le esportazioni di materiale bellico: questa iniziativa è stata però bocciata.
(continua...)


No way
Petar Pismestrovic, Kleine Zeitung, Austria Petar site


MINARETI SVIZZERI


Bloccata la costruzione di nuovi minareti in Svizzera.
La Chiesa Cattolica biasima il risultato del referendum, ufficialmente.
Pubblicato da uber
Etichette: CHIESA, islam, libertà di religione, religione


Giannelli http://www.corriere.it/


SFIZZERO ?
Pubblicato da MarcoCar


La Svizzera ha detto no
Pubblicato da Mario Bochicchio

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From
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November 30, 2009

Europe unites to deplore Swiss ban on minarets

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A minaret installed on the roof of a Turkish cultural centre is seen with a church in the background in Wangen bei Olten, Switzerland



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The Swiss and European establishment united today in deploring yesterday's decision by Swiss voters to outlaw the construction of minarets but conservative leaders warned that the referendum showed genuine fear over Islam on the continent.
Swiss officials, media and business leaders voiced shame over a vote that they say will stigmatise the country's 400,000 Muslims and stain Switzerland's name in the Muslim world. In contrast, hard right leaders in France, Austria, Italy and the Netherlands hailed what they depicted as a triumph for the people against the elite.
Le Temps, Geneva's establishment newspaper, said: "The vote was inspired by fear, fantasies and ignorance." Damage to the country's international standing would be spectacular, it said. "Vengeance, boycotts, retaliation ... this clash with Islam could cost dearly."
Tagesanzeiger, the Zurich daily, said that the vote, staged on the initiative of the nationalist Swiss People's Party (SVP), showed the country's deep division between outward-looking modernisers and a traditionalist backlash. The 57 per cent approval of the minaret ban would "strengthen the international isolation of Switzerland even among western nations," it said.


The Swiss Government, which opposed the vote, reassured members of the faith that "this is not a rejection of the Muslim community, religion or culture." The Conference of Swiss Bishops also criticised the result, saying that it "heightens the problems of cohabitation between religions and cultures."
Amnesty international and other rights organisations said that the change to the Swiss Constitution breached guarantees on religious freedom in the European Human Rights Convention. The Swiss Green party said that it may lodge a complaint at the Strasbourg court of Human Rights.
Swiss Muslims, who come mainly from the Balkans and Turkey, reacted with sorrow. "The most painful thing for us is not the ban on minarets, but the symbol sent by this vote," said Farhad Afshar, leader of the Swiss Coordination of Islamic Organisations. "Muslims do not feel accepted as a religious community," he said.
Anger was swift from more militant wings of the Muslim world. "This is the hatred of Swiss people against Muslim communities. They do not want to see a Muslim presence in their country and this intense dislike has made them intolerant," said Maskuri Abdillah, the head of Nahdlatul Ulama, Indonesia's biggest Muslim group. He urged Muslims not to take "revenge" for the decision.
Egypt's Mufti Ali Gomaa denounced the ban on new minarets as an insult to all Muslims. "This proposal ... is not considered just an attack on freedom of beliefs, but also an attempt to insult the feelings of the Muslim community in and outside Switzerland."
Beyond Switzerland, the vote was criticised by centre and leftwing leaders. Bernard Kouchner, a leftist who is French Foreign Minister, said that he had been shocked. Switzerland should reverse the decision quickly, he said. "If you are not allowed to build minarets, that means that religion is being oppressed."
However spokesman for Mr Sarkozy's centre-right Union for a Popular Majority, took a different line, saying that the vote showed the degree to which radical Islam was alarming Europe's citizens. Xavier Bertrand, the party leader, said that he was "not sure that minarets are needed in order to practise Islam in France".
In Germany, Chancellor Angela Merkel's Christian Democrat (CDU) party reacted with similar caution. To criticise the Swiss ban would be counterproductive, said Wolfgang Bosbach a senior CDU MP. It reflected a fear of growing Islamisation "and this fear must be taken seriously," he said.
France's far right National Front welcomed the outcome, saying that the "elites should stop denying the aspirations and fears of the European people, who, without opposing religious freedom, reject ostentatious signs that political-religious Muslim groups want to impose."
In Italy, the anti-immigrant Northern League, said: "Switzerland is sending us a clear signal: yes to bell towers, no to minarets."
In Switzerland, Yvan Perrin, vice-president of the SVP, the largest party in the federal Parliament, said that the vote was a lesson to the elite. Swiss companies should not worry about suffering from a backlash from Muslim countries, he said. "If our companies continue to make good quality products, they have nothing to worry about."

Peter Brookes/The Times